I soldi all’estero: da cosa proteggono?

I soldi all’estero: da cosa proteggono?

I soldi all’estero: da cosa proteggono?

Ultimamente sto ricevento diverse richieste da parte di miei conoscenti e clienti circa l’opportunità di trasferire capitali all’estero.

La mia risposta è sempre una domanda: da cosa vuoi proteggerti?

Premetto che la delocalizzazione, la diversificazione e il rifuggire il rischio specifico sono sempre stati un must nella gestione dei patrimoni dei clienti.

Premetto inoltre che opero in un azienda a vocazione internazionale che persegue con maniacale perizia il concetto di diversificazione, anche delle banche depositarie , e che offre ai suoi clienti la possibilità si scegliere, su questo fronte, tra un ampio ventaglio di soluzioni.

Detto questo, quindi dato per assodato che sto già gestendo, con i miei clienti, il patrimonio in soluzioni di diritto estero, con banca depositaria estera, con diversificazione degli asset internazionale, devo per forza indagare sulle preoccupazioni delle persone che incontro.

SE LA PAURA  E’ UNA TASSA PATRIMONIALE

Portare i soldi all’estero senza seguirli, comporta diversi adempimenti burocratici come la compilazione del quadro RW della denuncia dei redditi, o in alternativa l’intestazione fiduciaria, una tassa patrimoniale detta IVAFE ed una gestione pratica dei propri attivi a distanza.

Pertanto se resti residente fiscalmente in Italia puoi essere soggetto a patrimoniale anche detenendo il patrimonio all’estero.

È necessario quindi trasferire la residenza all’estero. Questo significa, perche’ lo spostamento non venga ritenuto fittizio, portare oltreconfine i tre fattori di radicamento che contano per il fisco, ovvero: la famiglia, gli affari e il patrimonio.

Non e’ un’operazione semplice e non si fa in pochi giorni. In Italia potrebbero restare solo attività che possano configurarsi come attività di investimento, tipo immobili meglio se affittati; anche solo avervi la seconda casa potrebbe comportare qualche rischio.

Una volta scelto lo stato estero di residenza occorre poi considerare il carico fiscale di tutto il ciclo e di trasmissione del patrimonio, come imposte patrimoniali, di donazione o di successione che all’estero sono molto più alte dell’Italia.

SE LA PAURA È IL RITORNO ALLA LIRA 

Se lo spostamento all’estero del patrimonio è dettato dal voler evitare i rischi che un eventuale uscita dall’euro potrebbe provocare con una severa svalutazione di tutti gli asset espressi in valuta nazionale, allora la difesa del patrimonio è possibile anche Italia.

In prima battuta la differenza la fa la giurisdizione di riferimento dello strumento finanziario che si detiene. Tutti gli strumenti il cui codice ISIN inizi per IT hanno come paese di riferimento l’Italia e quindi, in via teorica, sarebbero a rischio denominazione.

Per questo spesso dico, a titolo esemplificativo, che il rischio più grande per i BTP & c. non è il default dello Stato Italiano ma la ridenominazione in una nuova valuta ovviamente svalutata pesantemente.

Inoltre per gli strumenti come i fondi e gli etf fa fede la valuta e gli isin degli investimenti effettuati all’interno degli strumenti e non quella di denominazione. Ad esempio un fondo di diritto lussemburghese Italian equity ovviamente avrà acquistato azioni italiane che potrebbero essere ridenominate indipendentemente dalla giurisdizione del fondo.

Concludendo, investire il proprio patrimonio in strumenti di giurisdizione estera e in parte denominati in valuta o con diversificazione valutaria aiuta a proteggersi da questi scenari di coda senza dover andare all’estero.

Sono sempre a disposizione per effettuare questo tipo di analisi sul patrimonio.

 

 

 

Sonia Bergo Wealth Manager

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